Il Ruttologo
Tra le varie sfumature di grigio dei personaggi nati con l’esplosione dei social network c’è anche il “Ruttologo”. Solitamente si presenta sotto le mentite spoglie di un amico di vecchia o anche di vecchissima data, con quel tanto di confidenza per poterti mandare in vacca un ragionamento a lungo pensato e che hai appena deciso, dopo lunga riflessione, di condividere con il mondo. E’ uno che conosci ma che non ti senti così vicino da poter mandare a quel paese in maniera diretta, perché a te l’educazione te l’hanno insegnata i nonni. Lui, che si intende di ogni qualsivoglia argomento disponibile nell’attualità, nella storia, nello sport, nel cinema, nell’economia, nella cucina e in ogni meandro della cultura generale (e che ritengo non abbia mai frequentato i propri nonni), entra in scivolata alla Paolo Maldini e ti stronca i legamenti del ginocchio che sorreggeva il tuo discorso. Ma non lo fa, seppure violentemente, con educazione e proprietà di linguaggio; lo fa come se stesse ruttando sulla tastiera dopo aver mangiato un vagone di salsa verde ben agliata. Così, tanto per dire qualcosa.
Il ruttologo non ha antidoti che lo possano annullare perché se scendi nell’agone del suo linguaggio, corrono in suo aiuto altri ruttologi, membri di un branco fatto di individui che neanche si conoscono. Se invece cerchi di elevare il discorso, il ruttologo chiude la discussione con un “WYOOOOOOOMING” di ovosodiana memoria: “il link che avvalora le sue esternazioni”. Il suddetto link può essere un articolo di un blog o un video ed è spesso ripreso da siti la cui autorevolezza è pari a quella di un orologio Casio fermo dal 1987. Ma il ruttologo se ne frega e, dall’alto del suo fluttuare da pallone gonfiato di anidride carbonica, ti soffia in faccia la sua verità assoluta. Al salame.