La caramella amara che non puoi sputare
Il dolore per la perdita di un amico è una caramella amara che non puoi sputare. Ci sono caramelle piccole e altre grandi come una pallina da ping pong, che non lasciano spazio a nessun altro sapore e che un dio pagano molto bastardo ha deciso di metterti in bocca, solo perché ne aveva voglia.
Una caramella di fiele, foderata di radicchio e impastata col cerume. Dura come un sasso.
Ti tocca tenerla lì, e tutto quello che provi a mettere in bocca, anche fosse miele, ti sembra amaro. E non c’è requie: giorno e notte hai l’amaro in bocca.
Ci sono alcuni che hanno la saliva più forte, forse più acida, e dopo un po’ di tempo, riescono ad ingoiarla. Altri che hanno una saliva più dolce e proprio non ce la fanno. Che vivono costantemente con la voglia di vomitarla. Ma quel dio bastardo ha deciso che deve restare lì.
E allora ci vuole pazienza. Che se non ce l’hai vorresti morire anche te.
E avresti voglia di masticarla, di romperla come fai con le caramelle di zucchero. Ma i tuoi denti sono denti che se schiacci forte si rompono. Io c’ho provato a romperla e ho perso tutti i molari. Allora ho cominciato a succhiarla, in silenzio, prendendola per sfinimento. Per farla ammorbidire. O almeno ci provo. Grattandole i bordi come il conte di Montecristo che, per uscire di galera ci provava con un cucchiaino. E a forza di succhiare cerco di isolare l’amaro dagli altri sapori che la vita mi propone. Vabbè, l’amaro prevale ma si comincia a risentire anche il salato, il frizzante, il piccante. Ci vuole tempo, non bisogna avere furia. Che via via, di caramelle amare più o meno grosse, ti toccherà risucchiarle. E se non ti abitui, ti dimentichi di quando eri un bambino e le caramelle che ti davano avevano solo un sapore dolce. Quello che le caramelle dovrebbero avere.
Siena, 1 giugno.