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Lapo e Lopo a scuola

Lapo: Ogni mattina vado a scuola e la maestra mi dice: anche stamani sei arrivato puntuale!

Lopo: Ogni mattina vado a scuola e la maestra mi dice: anche stamani, sei arrivato?

Lapo: Ogni mattina vado a scuola con la cartella piena di libri, con l’astuccio, i quaderni e la merenda!

Lopo: Ogni mattina vado a scuola e quando arrivo dico sempre: madonna….la cartella!

Lapo: Ogni mattina vado a scuola e la maestra mi dice: “Se avessi due o tre ragazzi come te!

Lopo: Ogni mattina vado a scuola e la maestra mi dice: “Se avessi due o tre ragazzi come te, sarei un’insegnante di sostegno!”

Lapo: Ogni mattina vado a scuola con il grembiule e il fiocco celeste.

Lopo: Ogni mattina vado a scuola con il grembiule, il fiocco celeste e tre o quattro frittelle sparse…sul grembiule.

Lapo: Ogni mattina vado a scuola e faccio colazione con Kinder fetta al latte!

Lopo: Ogni mattina vado a scuola e faccio colazione con Kinder fetta al latte! Lecco la carta del suo! 

Lapo: Ogni mattina vado a scuola e prendo dieci!

Lopo: Ogni mattina vado a scuola e prendo dieci scapaccioni da quelli di quinta!

Lapo: Ogni mattina vado a scuola e la maestra mi chiede i sette Re di Roma.

Lopo: Ogni mattina vado a scuola e la maestra mi chiede i sette Re di Roma: però quando arrivo a Pisolo, si incazza sempre!

Lapo: Ogni mattina vado a scuola e i miei compagni puliscono la lavagna con la cimosa.

Lopo: Ogni mattina vado a scuola e i miei compagni puliscono la cimosa con me.

Lapo: Ogni mattina vado a scuola e lui mi copia.

Lopo: Ogni mattina vado a scuola e io lo copio. In questo si va d’accordo!

Lapo: Ogni mattina vado a scuola e prendo otto.

Lopo: Ogni mattina vado a scuola e prendo Otto… per la coda. Otto è il gatto della bidella!

Lapo: Ogni mattina vado a scuola e salto l’ora di religione.

Lopo: Ogni mattina vado a scuola e salto due ore di italiano.

Lapo: Ogni mattina vado a scuola e sul quaderno la maestra mi ci scrive “Visto!”

Lopo: Ogni mattina vado a scuola e sul quaderno la maestra mi ci scrive “Vispo…per niente!” 

Lapo: Ogni mattina vado a scuola e mi mettono nella squadra di calcio della scuola!

Lopo: Ogni mattina vado a scuola e mi mettono nella squadra di calcio di un’altra scuola… qualsiasi!

Lapo: Ogni mattina vado a scuola, il Preside entra in classe, legge i miei voti e mi fa i complimenti

Lopo: Ogni mattina vado a scuola, il Preside entra in classe, legge i miei voti e senza fare complimenti li gioca alla schedina: 1, 2, 1, x, 2

Lapo: Ogni mattina vado a scuola e sui miei libri mi prendo sempre delle note.

Lopo: Ogni mattina vado a scuola e sul registro mi prendo sempre delle note.

Lapo: Ogni mattina vado a scuola e per colpa sua la maestra mi dice: “Domani vieni accompagnato dai genitori!”

Lopo: Ogni mattina vado a scuola e per colpa mia la maestra mi dice: “Domani vieni accompagnato dai genitori!”…Tiè, tanto so’ orfano!

Duetto tratto dallo spettacolo “Mattaglia, il Senso della Vita” (2009) di Roberto Ricci e Giampiero Cito (con una strizzata d’occhio a Giorgio Gaber).

L’immagine è una delle innumerevoli versioni della campagna Mac vs Pc.

roberto ricci

Roby è presente. Ancora.

Oggi sarebbe stato il compleanno di Roberto e mi piace ricordarlo così, con le parole che scrissi di getto quando, tre anni fa, la Nobile Contrada dell’Aquila decise di ricordare il suo figlio più bello, in una serata in Piazza Jacopo della Quercia in cui si ritrovarono più di mille persone.

“Per lavoro e per passione mi diverto a scomporre i molteplici significati delle parole di quella meravigliosa lingua che è l’italiano. Questo lo devo molto a Roberto Ricci che, quando avevo quattro anni mi dette una spinta sul palco del Teatro dei Rinnovati in una delle primissime edizioni di Ondeon. Lui, che di anni ne aveva diciotto, aveva scritto, con la sorella Patrizia, un delizioso sketch dove dei bambini armati di martello, distruggevano il mondo degli adulti per ricostruirlo a misura loro. Da quel momento per me e per la mia generazione di contradaioli dell’Aquila, salire e scendere dal palcoscenico è stato un appuntamento costante. E con noi c’è sempre stato Roberto, il cui strumento, a differenza di ciò che tutti credono, non era la chitarra ma la testa. Una testa capace di raggiungere picchi altissimi di poesia e contemporaneamente di giocherellare con i pertugi anche triviali, del nostro vocabolario. A me questa “escursione termica” tra il Roby alto e il Roby basso, mi aveva fatto innamorare di lui come di un fratello maggiore al quale tendere e che non vuoi deludere mai. Poi ci sono stati gli anni delle Feriae Matricularum. E lui, costantemente antitetico, era riuscito ad imporre un nuovo stile alla musica delle operette con canzoni memorabili fatte unendo brani di provenienze tra le più variegate.
Il Riccino è stato sempre con me, che ero consapevole che dovevo annullare la possessività nei suoi confronti, perché, come una “Bocca di Rosa” della musica, si concedeva a molti e spesso. Di Roby conveniva non essere gelosi. L’ho capito bene nei giorni di dolore che sono seguiti alla sua uscita di scena. A salutarlo c’erano, oltre a chi ci doveva essere, persone di ogni età, ex sindaci, ex rettori, studenti e suonatori, docenti e scansafatiche, bestemmiatori e sacerdoti, antiche signore e ragazzine, Quel giorno Siena era lì.
Sono stati mesi cupi e la ferita non ha ancora fatto la crosta, dopo più di tre anni la voglia è quella di cercare di girare pagina. Questo non vuol dire dimenticare, al contrario, giocando ancora con le parole, vuol dire capire che Roby è presente. Presente perché è ancora fortemente qui, in tutte le innumerevoli tracce di sé che ha disseminato per Siena. Presente perché la vita non si vive nel passato e il futuro, nel momento in cui si palesa, diventa comunque “presente”. Presente perché ci siamo tutti noi, geneticamente modificati dall’averlo vissuto come fratello, come amico, come figlio, come uomo da abbracciare a cucchiaio, come babbo, come compagno di classe o di bisbocce, come vicino di palco o compagnia notturna.
Non ho la fortuna di credere ad un “dopo” dove ci si ritrova e ci si riabbraccia. Ci spero tanto ma non ci credo. Per questo mi basta credere che il mio grande amico sia ancora qui. Fortemente presente.”

Auguri Mostro.

fertility

Fertility Nativity Day

Perché non tutte le coppie concepiscono per grazia ricevuta. Perché non tutte le coppie hanno i santi in Paradiso. Perché non tutte le coppie hanno una capanna sulla testa con riscaldamento annesso. Il Fertility Day prendiamolo a ridere, vai.

Nella foto, il riscaldamento.

M: Beppe, ho fatto il test?
G: Per entrare a medicina?
M: No imbecille, il test di gravidanza!
G: Come il test di gravidanza, gravidanza di che?
M: E’ venuto un angelo e mi ha detto che ero in stato interessante. Io non ci credevo e ho fatto il test. Oh te…
G: Angelo? Chi è questo Angelo?
M: Non lo so, si chiama Gabriele!
G: Angelo o Gabriele?! Lo sapevo che non ti dovevo lasciare a casa da sola!
M: L’Arcangelo Gabriele, duro! Dice che nascerà intorno a Natale!
G: Ecco! Fortunati come siamo stai a vedere che ci nasce proprio il giorno di Natale! Ma scusa una cosa Maria, come hai fatto a rimanere incinta se io e te, che tra l’altro si sarebbe anche marito e moglie, la prima notte di nozze ci s’ha sempre da festeggialla?
M: Lo Spirito Santo!
G: Ecco, dammi un gotto di spirito santo vai, è meglio!
M: Senti Beppe, io a partorire a casa un ci vorrei stare! S’andasse a Betlemme?
G: Sie meglio, con tutte quelle curve, poi sotto le feste in quel modo, voi sapè che casino si trova, no no…si sta dalla mi mamma.
M: Ma chi la conosce la tu mamma! Un si sa nemmeno chi sia la tu mamma. Non ce n’è uno che si ricordi della tu mamma!
G: Si va alla Salus!
M: Sie, poi viene della Pantera! E poi la Salus non c’è più da anni.
G: Almeno chiamiamo il Dottor Cito, io lo conosco, è bravo!
M: Bravo? Guarda come è venuto il su figliolo…figuriamoci i figlioli di quell’altri…
G: E allora dove vorresti andare, sentiamo!
M: Te l’ho detto, a Betlemme, ho trovato una stalla su Trip Advisor e c’era un commento di un pastore che diceva; “Ci sono stato da Dio!”
G: Maria, ascolta un attimino! Già questa cosa dell’Angelo mi puzza un pochino…poi la stalla. E con che ci vorresti andare a Betlemme?
M: Con la Due Cavalli!
G: Macché due cavalli, io al massimo c’ho un ciuchino!
M: Bel pezzente sei! Un falegname dovevo prendere! La prossima volta pei mobili fo’ da me e vò all’Ikea!
G: Si poi voglio vedere chi te li monta! Il ciuco va bene anche come riscaldamento, basta accoppialo con un bove e siamo apposto! D’inverno il bue e l’asinello e d’estate il pinguino!
M: Che figure mi fai fare? Verranno anche a trovarci i Magi!
G: Della Lupa?
M: I Re Magi! Melchiorre, Baldassarre e il Principe Marchetti!
G: Porteranno Frutta, Incenso e Mirra!
M: E’ la frutta del Marchetti, quella costa più dell’oro! Senti, ma come si chiama questo citto?
G: A me mi garberebbe venisse fuori una femmina! Se è femmina si chiama Caterina! Come la Santa!
M: No, a me i nomi sacri proprio un mi garbano! Chiamiamolo Ridge!
G: Si, Gesù…
M: O, lo sai che è ganzo…
G: Ridge?
M: No, Gesù
G: O, ma io scherzavo….

Duetto tratto dallo spettacolo di improvvisazione, “Mattaglia: default”, 23 settembre 2011. Cinque anni prima del Fertility Day.

il senso della vita

L’ultima volta che ho fatto sesso (figuriamoci concepire)

In tempi non sospetti, molto prima della grande invenzione del Fertility Day, io e Roby salimmo su un minuscolo palcoscenico vestiti da spermatozoi. Lui faceva Lapo, fighetta belloccio con l’erre moscia. Io ero Lopo, un povero disgraziato che aveva una dislessia che lo faceva parlare come Duffy Duck. Di solito il pubblico rideva. E noi avevamo capito già allora che per concepire bisogna prima “compicciare”. E senza fare marcia indietro.

Lapo: L’ultima volta che ho fatto sesso mi hanno fatto gli applausi.

Lopo: L’ultima volta che ho fatto sesso ho pagato in lire.

Lapo: L’ultima volta che ho fatto sesso eravamo in tre.

Lopo: L’ultima volta che ho fatto sesso, lo giuro, ero da solo.

Lapo: L’ultima volta che ho fatto sesso c’ho messo tre ore.

Lopo: L’ultima volta che ho fatto sesso c’ho messo tre ore. A convincerla!

Lapo: L’ultima volta che ho fatto sesso sono diventato il re della pecorina.

Lopo: L’ultima volta che ho fatto sesso sono diventato il re del pecorino. Sardo.

Lapo: L’ultima volta che ho fatto sesso per durare di più ho pensato alla fame nel mondo.

Lopo: L’ultima volta che ho fatto sesso ho pensato che avevo fame. E ho svuotato il frigorifero.

Lapo: L’ultima volta che ho fatto sesso lei mi ha detto “la prossima volta che vieni, dimmelo e ti faccio trovare champagne e caviale”

Lopo: L’ultima volta che ho fatto sesso lei mi ha detto “la prossima volta che vieni, dimmelo almeno mi levo le mutande”

Lapo: L’ultima volta che ho fatto sesso aveva vinto la Lupa.

Lopo: L’ultima volta che ho fatto sesso aveva vinto l’Aquila. Con Bastiano.

Lapo: L’ultima volta che ho fatto sesso mi è costato una bella sudata.

Lopo: L’ultima volta che ho fatto sesso mi è costato 100 euro ogni quarto d’ora. Quindi 20 euro.

Lapo: L’ultima volta che ho fatto sesso mi ha detto: “Come te non c’è nessuno!”

Lopo: L’ultima volta che ho fatto sesso mi ha detto: “Come te non c’è nessuno! Se dio vuole”

Lapo: L’ultima volta che ho fatto sesso ho pensato: “Che fisico che ho!”

Lopo: L’ultima volta che ho fatto sesso ho pensato: “Che fisico di merda che ho!”

Lapo: L’ultima volta che ho fatto sesso le ho detto: “Non sei sempre stata così sciolta, vero?”

Lopo: L’ultima volta che ho fatto sesso le ho detto: “Non sei sempre stata una donna, vero?”

Lapo: L’ultima volta che ho fatto sesso le ho detto: “Ti sei depilata?”

Lopo: L’ultima volta che ho fatto sesso le ho detto: “Ti sei fatta la barba?”

Lapo: L’ultima volta che ho fatto sesso ho pensato: “Dio, questa è un mostro di bravura!”

Lopo: L’ultima volta che ho fatto sesso ho pensato: “Dio, questa è un mostro!” E basta.

Lapo: L’ultima volta che ho fatto sesso ho fatto un po’ di conti e sono giunto alla conclusione che le donne che ho avuto sono tante come i granelli di una spiaggia.

Lopo: L’ultima volta che ho fatto sesso ho fatto un po’ di conti e sono giunto alla conclusione che le donne che ho avuto sono tante come le dita di una mano di un addetto alla sega circolare.

Duetto tratto dallo spettacolo “Mattaglia, il Senso della Vita” (2009) di Roberto Ricci e Giampiero Cito (con una strizzata d’occhio a Giorgio Gaber).

mattaglia

 

L’immagine della testata è un dettaglio della locandina dello spettacolo realizzata da Benedetto Cristofani nel 2009.

garibalday

Goffredo e Nando

Duetto surreale ed improbabile tra Goffredo Mameli e Nando del Grande Fratello. Per chi pensa ancora che esista davvero il progresso.

G: Ho 23 anni, mi chiamo Mameli e ho fatto “Fratelli d’Italia”

N: Ho 23 anni, mi chiamo Nando e ho fatto Grande fratello, in Italia!

G: Io Goffredo!

N: Io, c’ho cardo!

G: Sono amico di Camillo Benso di Cavour

N: Sono amico di Maria Costanzo de Filippi

G: Il mio amico Pietro Micca è saltato per aria e ci ha lasciato le penne, poveraccio!

N: Il mio amico Pietro Taricone è saltato col paracadute e ci ha lasciato le penne, porello!

G: Il mio risultato piu’ grande è stato scrivere l’inno per l’Italia: “Fratelli d’Italia…”

N: Il mio sforzo piu’ grande è stato scrivere un sms: “Frate’…bella de zio…”

G: Quando sono dentro la trincea e vedo che non ce la faccio piu’, mi frugo nelle tasche e tiro una bomba!

N: Quando sono dentro alla discoteca e vedo che non ce la faccio più, mi frugo nelle tasche e tiro!

G: Sono cresciuto con l’Italia divisa tra austriaci, francesi, papalini e borbonici, ma io sono italiano!

N: Sono cresciuto con l’Italia divisa tra milanisti, interisti, romanisti e juventini, ma io so’ da’a Lazio!

G: Mia madre mi dice “Figlio mio, prenditi la libertà'”

N: Mia madre mi dice “Figlio mio, prenditi la terza media!”

G: Io l’Italia la amo!

N: Io l’Italia me la ingropperebbe proprio!

G: Sono un bohemienne, mi sono invaghito di una fanciulla!

N: Ao’ anch’io me so’ invaghito, ma mo’ scopamo o no?

G: Ero con Garibaldi a Marsala

N: Ero con Lele Mora all’Hollywood!

G: Nino Bixio mi ha detto, Goffredo, sei stato nominato caporale!

N: Alessia Marcuzzi mi ha detto, Nando, sei stato nominato!

G: A Quarto eravamo piu’ di mille e tanti non ce l’hanno fatta!

N: A Cinecittà eravamo piu’ di mille e tanti non ce l’hanno fatta! Tiè!

G: Dopo l’Italia c’è da fare gli Italiani

N: Dopo il Grande Fratello c’è Mai dire Grande Fratello!

G: Dio benedica i carbonari

N: Dio benedica la carbonara

G: Viva Mazzini che ha fondato la Giovine Italia!

N: Viva Signorini che ha fondato Diva e Donna!

G: Onore ai ragazzi di Curtatone e Montanara!

N: Onore ai ragazzi di Dolce e Gabbana!

G: Sono Goffredo Mameli e per me l’Italia sara’ sempre una e una sola!

N: Sono Nando del Grande fratello e per me l’Italia sarà sempre una sòla!

G: W Verdi!

N: W la sorca!

G: “Che schiava di Roma iddio la creò!

N: Chi chiava de Roma, perdio la chiavò!

G: Siam pronti alla morte lItalia chiamò! Si!

N: Al bivio di Orte un trans m’inculò! Si!

G: Alle cinque giornate di Milano mi sono beccato una pallottola.

N: Alle cinque serate de Milano Marittima me so’ beccato un erpes!

G: Tra centocinquanta anni mi immagino un’Italia migliore!

N: Tra centocinquanta anni se dio ce da’ salute, faremo Grande Fratello 160!

Duetto scritto per il “Garibalday” organizzato dai Goliardi di Siena in occasione del 150° anniversario dell’Unità d’Italia il 14 maggio 2011. Fu recitato da me e da Roberto Ricci davanti ad una platea di giovani e meno giovani, tutti molto caldi. Io facevo Nando, Roby Goffredo. L’immagine è opera di Benedetto Cristofani.

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10 canzoni di Siena raccontate in 10 tweet

10 canzoni di Siena raccontate in 10 tweet
ovvero
L’esigenza della sintesi

– Nell’erbetta ho trovato una rizzacazzi e mi s’è levata di culo.
– 16 agosto. Sante decapitato. Francia merda.
– Maremma che terra impervia! Uccelli caput; persone care idem.
– Serenata da tre ore. Idolo mio, ti decidi ad aprire?
– Chi ti ha fatto quegli occhioni? I miei; però ti avverto, sono vergine e resto così!
– AAA: lasciato dalla citta, cedesi migliore seggiolina.
– Cacciatore seduce e abbandona pastorella.
– Fare il bovaro è ganzo: si tromba!
– Lo spazzacamino non usò precauzioni. E ora?
– Sono una rondine acciaccata; lasciatemi crepare in pace.

Dedicato a Roby dal Taglia
(13 settembre 2015)

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Roby, il Giullare di Siena (ricordo di un amico)

La dannazione di chi, come me, è figlio unico, è quella di passare la vita a cercare dei fratelli. Il vantaggio è quello che, in questo caso, puoi permetterti di scegliere. Pensate ad Abele quanto avrebbe preferito essere figlio unico o la nostra senesissima Santa Caterina, 25esima di 26, tra fratelli e sorelle. Molto meglio stare tra i lebbrosi che in una casa coi letti a castello a dieci piani, direi.

Io nel corso della mia vita, di fratelli e sorelle, ne ho trovati alcuni. E li ho scelti con attenzione.

Uno di questi si chiamava Roberto Ricci. Ma tutti lo chiamavano Roby. Per un bel po’ siamo stati dei gemelli diversi. Diversi per età, lui era molto più grande e io ero quello più adulto. Diversi per talento: lui aveva una voce che copriva un’estensione da Mina a Mario Biondi, io invece mi diverto a giocherellare con le parole, ma quelle scritte. Eravamo diversi anche per aspetto fisico: lui alto, bello e di gentile aspetto, io no.

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Quando sono nato, lui aveva già l’età del motorino ma progressivamente ci siamo ritrovati ad essere coetanei. Non so se ho corso troppo io o se si è fermato lui ad aspettarmi. Il fatto è che, in una città come la nostra, è possibile anche questo. A Siena coetanei si diventa. Basta condividere qualcosa di grande come le passioni. Per noi le passioni comuni erano la Contrada (l’Aquila), le Feriae Matriculaum e la voglia di fare divertire gli altri.

Roby aveva una caratteristica che nessuno in questa città riesce ad avere. Era un giullare. A chi come me per passione e anche per lavoro, racconta storie, è noto che negli archetipi della narrazione esistono molte figure che creano un percorso che è possibile ritrovare in ogni storia, dall’Odissea al Signore degli Anelli, passando per Pinocchio. Si chiama “Il viaggio dell’Eroe” e può essere raffigurato come un cerchio. Anche la nostra vita funziona e si sviluppa più o meno così. Si parte dal primo ruolo: “il bambino innocente”, e dopo una serie di prove, e passando di ruolo in ruolo (l’orfano, il guerriero, l’esploratore, ecc.), si arriva alla matura padronanza di se stessi nel ruolo di “re”. Molti si fermano qui e vedono in quel punto di arrivo un vero e proprio successo: l’età della pensione di chi ha già dato tutto e ora può governare il tempo che gli resta da vivere. Poi ci sono alcuni che vanno oltre. E qui c’è la dodicesima figura, il dodicesimo archetipo narrativo: “il Matto”, “il Giullare”. Quello che la società tende a spingere il più lontano possibile, ma che il Re vuole sempre vicino a sé perché gli ricorda come si dovrebbe vivere davvero.

Se si disegna il viaggio dell’eroe come un cerchio che parte dall’innocenza dell’infante e termina nella padronanza di se stessi del Re, il Giullare si posiziona proprio lì, tra il Re e il Bambino. La consapevolezza e l’innocenza che si mescolano come nitro e glicerina, pronti ad esplodere.

E Roby si era, non so quanto scientemente, posizionato proprio lì. Il suo cappello a sonagli erano la sua chitarra e la sua voce ma i meccanismi giullareschi li aveva reinterpretati a suo modo e li padroneggiava. Non c’è un senese, o uno studente fuori sede che abbia vissuto a Siena tra il 1980 e il 2012 che non abbia ballato o riso o che non abbia sentito il grido di incitamento “a bolloreeeee!!!”.

Il “Menestrello” che dalla radio derideva in rima presidenti e giocatori del Siena, o il “Chicchero” (il termine senese per dire appunto “Giullare”) che si prendeva gioco del Sindaco, del Rettore, o dell’Arcirozzo di turno che lo invitavano a suonare ai loro pranzi e alle loro cene.

Roby è stato un Rigoletto senza gobba, che veniva chiamato in virtù del proprio talento da chi da lui temeva (e contemporaneamente desiderava) farsi sbeffeggiare. Mi ricordo passeggiate per il Corso dove si inchinava a signore ingioiellate e, con le movenze di un Arlecchino, le apostrofava con “Signora Taldeitali, anche oggi sembra un lampadario”, e giù risate. Oppure, al decrepito professorone: “Dottor Tizio, si rizza sempre? Non mi faccia stare in pensiero”. In rarissimi casi ho visto qualcuno risentirsi o offendersi, al massimo provavano invano a zittirlo con un: “Roby!!!”. Anche nelle commedie di Shakespeare, chi non veniva preso di mira dal Saltimbanco, si risentiva, perché non si sentiva importante al pari degli altri.

Roberto è forse la migliore espressione di questa polverosa città borghese, con il cappotto color cammello che odora di naftalina. Lui li chiamava “gli impagliati”. La migliore espressione perché sapeva che (citando una canzone della sua Operetta) “la libertà è un cavallo che scalpita in ogni cuore, anche in quello più timido”. E la sua manifestazione di libertà è stata quella di scegliere se diventare un divo che fugge via da qui, o un giullare che resta.

Alla stessa distanza dai potenti come dai bambini. In perfetto equilibrio tra il potere e l’innocenza. E forse è proprio per questo che, tra le migliaia di persone che lo hanno pianto il giorno del suo funerale, c’erano Sindaci, Rettori, Arcirozzi, Studenti, i suoi amici fraterni e tanti, tanti bambini. E ogni lacrima aveva lo stesso sapore. Quello del dolore di aver perduto per sempre l’unico Giullare di Siena.