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10 idee per 10 nuovissime start-up

Oggi è una bella giornata e voglio regalare 10 idee ad altrettanti volenterosi startupper:

1) “RUNtolo” (app stile Fitbit per corridori tabagisti e/o sovrappeso)
2) “Meglio soli che scompagnati” (e-commerce che vende i calzini uno ad uno. Così non si perdono. E se si perdono, pazienza. Ideale per persone con una gamba sola.)
3) “LIPOcrita” (pagina facebook tipo “Tasty” con video di cibi grassissimi dove si dice che mangiarne a volontà fa bene.)
4) “Breaking Bed” (Letto fragile per coppie poco focose che vogliono fare bella figura con i vicini di casa)
5) “The walking Dad” (tour del Cammino di Santiago di Compostela per padri che hanno figli che sembrano dei morti che camminano)
6) “Da Nico & Tina” (Ristorante che se ne frega della Legge Sirchia)
7) “SI e NO” (concessionario di auto usate che vende solo veicoli immatricolati a Siena e Novara)
8) “C’è post per te” (servizi di scrittura automatica di post per blogger che hanno poco da dire)
9) “La breve storia di Preservati Ivo” (Storytelling su un tale che prediligeva il sesso sicuro.)
10) “The House of Karl” (sit com stile Casa Vianello con protagonisti Marx e la moglie che alla fine dice sempre “Che barba, che noia”)

E che non si dica che in Italia mancano le idee!

garibalday

Goffredo e Nando

Duetto surreale ed improbabile tra Goffredo Mameli e Nando del Grande Fratello. Per chi pensa ancora che esista davvero il progresso.

G: Ho 23 anni, mi chiamo Mameli e ho fatto “Fratelli d’Italia”

N: Ho 23 anni, mi chiamo Nando e ho fatto Grande fratello, in Italia!

G: Io Goffredo!

N: Io, c’ho cardo!

G: Sono amico di Camillo Benso di Cavour

N: Sono amico di Maria Costanzo de Filippi

G: Il mio amico Pietro Micca è saltato per aria e ci ha lasciato le penne, poveraccio!

N: Il mio amico Pietro Taricone è saltato col paracadute e ci ha lasciato le penne, porello!

G: Il mio risultato piu’ grande è stato scrivere l’inno per l’Italia: “Fratelli d’Italia…”

N: Il mio sforzo piu’ grande è stato scrivere un sms: “Frate’…bella de zio…”

G: Quando sono dentro la trincea e vedo che non ce la faccio piu’, mi frugo nelle tasche e tiro una bomba!

N: Quando sono dentro alla discoteca e vedo che non ce la faccio più, mi frugo nelle tasche e tiro!

G: Sono cresciuto con l’Italia divisa tra austriaci, francesi, papalini e borbonici, ma io sono italiano!

N: Sono cresciuto con l’Italia divisa tra milanisti, interisti, romanisti e juventini, ma io so’ da’a Lazio!

G: Mia madre mi dice “Figlio mio, prenditi la libertà'”

N: Mia madre mi dice “Figlio mio, prenditi la terza media!”

G: Io l’Italia la amo!

N: Io l’Italia me la ingropperebbe proprio!

G: Sono un bohemienne, mi sono invaghito di una fanciulla!

N: Ao’ anch’io me so’ invaghito, ma mo’ scopamo o no?

G: Ero con Garibaldi a Marsala

N: Ero con Lele Mora all’Hollywood!

G: Nino Bixio mi ha detto, Goffredo, sei stato nominato caporale!

N: Alessia Marcuzzi mi ha detto, Nando, sei stato nominato!

G: A Quarto eravamo piu’ di mille e tanti non ce l’hanno fatta!

N: A Cinecittà eravamo piu’ di mille e tanti non ce l’hanno fatta! Tiè!

G: Dopo l’Italia c’è da fare gli Italiani

N: Dopo il Grande Fratello c’è Mai dire Grande Fratello!

G: Dio benedica i carbonari

N: Dio benedica la carbonara

G: Viva Mazzini che ha fondato la Giovine Italia!

N: Viva Signorini che ha fondato Diva e Donna!

G: Onore ai ragazzi di Curtatone e Montanara!

N: Onore ai ragazzi di Dolce e Gabbana!

G: Sono Goffredo Mameli e per me l’Italia sara’ sempre una e una sola!

N: Sono Nando del Grande fratello e per me l’Italia sarà sempre una sòla!

G: W Verdi!

N: W la sorca!

G: “Che schiava di Roma iddio la creò!

N: Chi chiava de Roma, perdio la chiavò!

G: Siam pronti alla morte lItalia chiamò! Si!

N: Al bivio di Orte un trans m’inculò! Si!

G: Alle cinque giornate di Milano mi sono beccato una pallottola.

N: Alle cinque serate de Milano Marittima me so’ beccato un erpes!

G: Tra centocinquanta anni mi immagino un’Italia migliore!

N: Tra centocinquanta anni se dio ce da’ salute, faremo Grande Fratello 160!

Duetto scritto per il “Garibalday” organizzato dai Goliardi di Siena in occasione del 150° anniversario dell’Unità d’Italia il 14 maggio 2011. Fu recitato da me e da Roberto Ricci davanti ad una platea di giovani e meno giovani, tutti molto caldi. Io facevo Nando, Roby Goffredo. L’immagine è opera di Benedetto Cristofani.

Operetta 2016

Scrivere un’Operetta

Scrivere un’operetta è l’esatto contrario del sesso: vorresti arrivare alla fine il prima possibile e poi, quando stai per finire ti dispiace. Per quanto mi riguarda, il mio passaggio nel meraviglioso mondo delle Feriae ha coinciso esattamente con la mia partecipazione alla scrittura di ben cinque operette (un’altra ho contribuito a scriverla nel 2016). Sicuramente le due che sento più mie e delle quali vado maggiormente fiero sono “Billy e Pup(p)e” e “Lo strano coso del Dr Jackyll”. Si potrebbero raccontare decine di aneddoti che riguardano le due operette. Più di tutti mi piace ricordare la cenere mai scozzolata che restava attaccata alla sigaretta di Giorgino De Sanctis fino al momento in cui la forza di gravità non la faceva atterrare sulla sua pancia. Lo stesso Giorgino, con un’aria imperscrutabile ascoltava la prima stesura di una scena che avevo scritto commentando: “Tagliatella, dov’è il buffo?” oppure “Ma vuoi fare il cinema o il teatro?” dopo che avevo letto un atto dove c’erano oltre trenta cambi di scena.
Il primo atto di “Billy e Pu(p)pe” fu scritto quasi di getto da me e da Paolo Pin nel ’97 ma dovette attendere un altro anno prima di essere messo in scena perché a quella fu preferita l’operetta sui pirati. Nel ’98 portammo a termine l’operazione con l’aiuto di Andrea Marroni e di Giovanni e Paolo Mazzini. Era l’anno di Batman (non il supereroe ma un montepaschino che si era esibito in evoluzioni sessuali mascherate precipitando dall’armadio su di un comodino e restando svenuto di fronte all’amante legata al letto che non aveva possibilità di movimento e di soccorso). Alla fine di una storia articolata con delle situazioni teatrali molto buffe, l’operetta si concludeva con l’entrata di Batman (un mitico Giulio Griccioli che ancora non era decollato nella carriera di allenatore). L’ultima battuta, rivolta al Batman sdraiato a terra esanime da quello che era il mio personaggio, era: “Sta comodo?” e lui: “Ora comodo; ….comodino!”
Il Jackyll invece lo scrissi quasi completamente da solo. Alla prima lettura gli studenti e il principe si divertirono un mondo, soprattutto Provenzano Carignani che svolgeva la funzione di “pubblico medio” e che rideva a crepapelle.
La storia dello scienziato che a cinquanta anni non aveva ancora visto l’organo sessuale femminile (Po-Po-Po Ta-Ta-Ta) e che per questo aveva deciso di inventarsela da solo, era chiaramente una parodia che fu arricchita nel finale dalla trasformazione del dottore in un essere che potesse piacere alla ragazze: un giocatore del Siena. Il sabato dell’operetta coincideva con la vigilia della promozione in serie B del Siena. Sembrano passati dei secoli. Mi divertii come un matto insieme al pubblico quando, vestito con un’improbabile maglia a strisce bianche e nere (che certo non esaltava le mie forme) davo l’attacco al teatro che intonava i cori della curva della Robur.

L’Operetta del 2016 è nata invece una mattina presto. Ero appena uscito dalla palestra dove avevo fatto due addominali e una flessione di numero. Sudatissimo chiamai il Principe Edoardo Conticini e gli dissi che secondo me si poteva raccontare la storia di Galileo Galilei ambientandola a Siena. Il fatto era che Galileo aveva scoperto che non era il mondo a girare intorno a Siena ma l’esatto contrario. Per questo l’inquisizione, fatta di benpensanti e ottusi senesoni lo voleva mandare al rogo.

Il Principe convocò subito il conclave degli scrittoroni che, dopo diverse cene giunsero alla conclusione che forse sì, quella proposta dal Taglia si poteva fare. La scrittura fu affidata a Andrea Berni con io che facevo da scrittore anziano, la regia al granitico Luca Virgili “Fresco”. Fu un successo. E il titolo: “Eppur si muove”, l’ho sempre visto come un’allegorica rappresentazione di un cuore che si è dimenticato di dover battere. Il cuore di una città che amiamo da morire.

Effettivamente scrivere l’operetta è l’esatto contrario del sesso. Ma c’è una cosa che invece è proprio identica: quando non lo fai più ci sformi come una bestia. E ogni volta che ti capita di rifarlo ti senti di nuovo giovane.

Foto scattata dal sottoscritto dal palchetto della regia al Teatro dei Rozzi. Operetta 2016, Eppur si muove.

hulk

L’ennesimo blog da non perdere

Se stamani vi siete alzati con quella rara sensazione di appagamento, un motivo c’è: è on line “La Versione di Giampy”. Che poi sarei io.

Un mese fa mi sono deciso a pubblicare il mio sito: giampierocito.it, nel quale raccolgo un po’ dei miei lavori di pubblicitario di provincia. Poi mi sono detto: “mavaffan…guru; che ti vuoi fare mancare un blog?”. Sì, perché il mondo della comunicazione è strapieno di gente che te la spiega. E qualcuno si fa anche pagare per farlo. Allora ho pensato che io non sono abbastanza alto, né abbastanza figo, né tanto meno indiano per fare il guru. Però sono uno che è caduto. E mi sono rialzato. E di gente come me, che magari è ancora a terra, ce n’è tanta.

Così ho messo da parte la presunzione, che mi farà fare quei due o trecento anni di Purgatorio, e ho deciso di farvi vedere entrambe le mie due facce. Quella del Dr Jekyll la trovate su giampierocito.it, dove pubblico  i lavori e i progetti che ho fatto e quelli che faró. Qui, invece, trovate Mr Hyde.

Di là c’è Smeagol, qui c’è Gollum. Di là c’è Bruce Banner, qui un pacifico Hulk. Di là c’è il mio ritratto, che non è quello di Dorian Grey, anche se invecchia eccome, ma è un’illustrazione di Benedetto Cristofani, uno dei talenti con i quali ho lavorato in questi anni. Sono di Benedetto anche le varie “versioni” di Giampy che vedrete prossimamente in questo blog. Perché, comunque, le due facce si somigliano. Eccome.

In questo blog vorrei parlare della mia visione della comunicazione, delle storie che secondo me vale la pena di raccontare, dei pensieri che mi attraversano le giornate e mai sulle strisce pedonali. Si parte con la versione “mimo”, perché negli ultimi due anni, fatti di bocconi amari a causa di un doloroso fallimento, mi sono trovato spesso senza parole. E io con le parole ci vivo. Chissà quali saranno le prossime versioni? Non lo so ancora neanche io. Ma una cosa la so: se avessi bisogno di un bravo dottore per la mia comunicazione chiamerei il Dottor Jackyll ma se dovessi passare come si deve alcune ore del mio tempo, quello della vita vera, vorrei stare con Mr Hyde.

Decidete voi, io vi aspetto qui.

O di là.

Che poi è la stessa cosa.

 

L’immagine di Hulk è del fotografo Sacha Goldberger, andate a vedere i suoi capolavori qui.

tasche

Una tasca bucata

Entrando dentro i miei jeans stamani
ho sentito rotolare gelo lungo la coscia
ho infilato nelle tasche le mani
con un senso di improvvisata angoscia

Una tasca è bucata in quei calzoni rottami
mentre l’altra è la stessa di ieri e ancora contiene
chiavi, monete, fazzoletti e legami.

Ecco, sono proprio come i miei pantaloni.
Da una parte perdo tutto, dall’altra conservo.
Idee, sogni, monete e relazioni
che ti fanno sentire un giorno padrone e il giorno dopo servo.

Nella vita ci sono due tasche
Una per ogni braccio che abbiamo
Ché se una è bucata, a ciò che hai nell’altra puoi dire: “Ti tengo, ti amo”.

 

Illustration by Natassya Diana – www.behance.net/natassyadiana

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Roby, il Giullare di Siena (ricordo di un amico)

La dannazione di chi, come me, è figlio unico, è quella di passare la vita a cercare dei fratelli. Il vantaggio è quello che, in questo caso, puoi permetterti di scegliere. Pensate ad Abele quanto avrebbe preferito essere figlio unico o la nostra senesissima Santa Caterina, 25esima di 26, tra fratelli e sorelle. Molto meglio stare tra i lebbrosi che in una casa coi letti a castello a dieci piani, direi.

Io nel corso della mia vita, di fratelli e sorelle, ne ho trovati alcuni. E li ho scelti con attenzione.

Uno di questi si chiamava Roberto Ricci. Ma tutti lo chiamavano Roby. Per un bel po’ siamo stati dei gemelli diversi. Diversi per età, lui era molto più grande e io ero quello più adulto. Diversi per talento: lui aveva una voce che copriva un’estensione da Mina a Mario Biondi, io invece mi diverto a giocherellare con le parole, ma quelle scritte. Eravamo diversi anche per aspetto fisico: lui alto, bello e di gentile aspetto, io no.

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Quando sono nato, lui aveva già l’età del motorino ma progressivamente ci siamo ritrovati ad essere coetanei. Non so se ho corso troppo io o se si è fermato lui ad aspettarmi. Il fatto è che, in una città come la nostra, è possibile anche questo. A Siena coetanei si diventa. Basta condividere qualcosa di grande come le passioni. Per noi le passioni comuni erano la Contrada (l’Aquila), le Feriae Matriculaum e la voglia di fare divertire gli altri.

Roby aveva una caratteristica che nessuno in questa città riesce ad avere. Era un giullare. A chi come me per passione e anche per lavoro, racconta storie, è noto che negli archetipi della narrazione esistono molte figure che creano un percorso che è possibile ritrovare in ogni storia, dall’Odissea al Signore degli Anelli, passando per Pinocchio. Si chiama “Il viaggio dell’Eroe” e può essere raffigurato come un cerchio. Anche la nostra vita funziona e si sviluppa più o meno così. Si parte dal primo ruolo: “il bambino innocente”, e dopo una serie di prove, e passando di ruolo in ruolo (l’orfano, il guerriero, l’esploratore, ecc.), si arriva alla matura padronanza di se stessi nel ruolo di “re”. Molti si fermano qui e vedono in quel punto di arrivo un vero e proprio successo: l’età della pensione di chi ha già dato tutto e ora può governare il tempo che gli resta da vivere. Poi ci sono alcuni che vanno oltre. E qui c’è la dodicesima figura, il dodicesimo archetipo narrativo: “il Matto”, “il Giullare”. Quello che la società tende a spingere il più lontano possibile, ma che il Re vuole sempre vicino a sé perché gli ricorda come si dovrebbe vivere davvero.

Se si disegna il viaggio dell’eroe come un cerchio che parte dall’innocenza dell’infante e termina nella padronanza di se stessi del Re, il Giullare si posiziona proprio lì, tra il Re e il Bambino. La consapevolezza e l’innocenza che si mescolano come nitro e glicerina, pronti ad esplodere.

E Roby si era, non so quanto scientemente, posizionato proprio lì. Il suo cappello a sonagli erano la sua chitarra e la sua voce ma i meccanismi giullareschi li aveva reinterpretati a suo modo e li padroneggiava. Non c’è un senese, o uno studente fuori sede che abbia vissuto a Siena tra il 1980 e il 2012 che non abbia ballato o riso o che non abbia sentito il grido di incitamento “a bolloreeeee!!!”.

Il “Menestrello” che dalla radio derideva in rima presidenti e giocatori del Siena, o il “Chicchero” (il termine senese per dire appunto “Giullare”) che si prendeva gioco del Sindaco, del Rettore, o dell’Arcirozzo di turno che lo invitavano a suonare ai loro pranzi e alle loro cene.

Roby è stato un Rigoletto senza gobba, che veniva chiamato in virtù del proprio talento da chi da lui temeva (e contemporaneamente desiderava) farsi sbeffeggiare. Mi ricordo passeggiate per il Corso dove si inchinava a signore ingioiellate e, con le movenze di un Arlecchino, le apostrofava con “Signora Taldeitali, anche oggi sembra un lampadario”, e giù risate. Oppure, al decrepito professorone: “Dottor Tizio, si rizza sempre? Non mi faccia stare in pensiero”. In rarissimi casi ho visto qualcuno risentirsi o offendersi, al massimo provavano invano a zittirlo con un: “Roby!!!”. Anche nelle commedie di Shakespeare, chi non veniva preso di mira dal Saltimbanco, si risentiva, perché non si sentiva importante al pari degli altri.

Roberto è forse la migliore espressione di questa polverosa città borghese, con il cappotto color cammello che odora di naftalina. Lui li chiamava “gli impagliati”. La migliore espressione perché sapeva che (citando una canzone della sua Operetta) “la libertà è un cavallo che scalpita in ogni cuore, anche in quello più timido”. E la sua manifestazione di libertà è stata quella di scegliere se diventare un divo che fugge via da qui, o un giullare che resta.

Alla stessa distanza dai potenti come dai bambini. In perfetto equilibrio tra il potere e l’innocenza. E forse è proprio per questo che, tra le migliaia di persone che lo hanno pianto il giorno del suo funerale, c’erano Sindaci, Rettori, Arcirozzi, Studenti, i suoi amici fraterni e tanti, tanti bambini. E ogni lacrima aveva lo stesso sapore. Quello del dolore di aver perduto per sempre l’unico Giullare di Siena.

pesce

10 miei grandi progetti mai nati

Progetti di quando pensavo di essere uno startupper di successo e avevo in testa delle idee meravigliose. Alcuni di queste hanno visto la luce e sono durate come un gatto in Autostrada. Altre sono rimaste solo degli embrioni durati il tempo di una risata.
1) “Trippa Advisor” (recensioni di locali trucidi)
2) “Chiavi in mano” (il kit di sopravvivenza per l’onanista)
3) “Il Braccio e la Mente” (diario di un viaggio fatto insieme al mio amico Michele Stabile)
4) “Meglio tardi che Mike” (format televisivo per quiz con domande piccanti, in onda a notte inoltrata)
5) “Una e trina” (naming per una sartoria gestita soltanto da una sarta bravissima)
6) “Rocco around the clock” (idea trash per orologio a pendolo con le sembianze di Rocco Siffredi)
7) “Cito interrotto” (pubblicazione editoriale sulle mie campagne mai approvate dai clienti)
8) “Vin Ahioooo” (vinaio stile Fight Club)
9) “PeperonCinico” (ristorante con cucina al limite della sopportazione del piccante)
10) “Meglio soli che scompagnati” (calzini venduti singolarmente)

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Lettera aperta ad un nativo digitale

Caro fratello più piccolo,

c’è stato un tempo in cui le foto te le facevano gli altri. Un tempo in cui i numeri degli amici dovevi impararli a memoria. Un tempo in cui le cene si organizzavano anche alla zitta e il giorno dopo non lo sapevano tutti. Un tempo in cui i polemici se volevi li evitavi, bastava spostarsi. Un tempo in cui avevi solo 36 foto a disposizione e se erano venute bene, lo sapevi dopo due giorni. Un tempo in cui se un amico andava a stare a Milano non lo sentivi più. Un tempo in cui una quarantacinquenne non era una milf ma una “tardona”. Un tempo in cui Youporn era la pagina dei reggiseni del catalogo Postalmarket. Un tempo in cui la videochiamata era affacciarsi alla finestra. Un tempo in cui i calciatori giocavano solo a calcio. Un tempo in cui le notizie le sapevi per cena. Un tempo in cui i tuoi amici non erano mille. Un tempo in cui nessuno ti seguiva. Un tempo in cui, se ti perdevi, la strada dovevi trovarla chiedendo indicazioni agli altri. Un tempo in cui un gettone telefonico valeva 200 lire e 200 lire valevano quattro pacchetti di figurine. Un tempo in cui per sapere una cosa dovevi riempire un foglio di carta e aspettare i comodi del bibliotecario. Un tempo in cui le persone famose se lo meritavano. Un tempo in cui la Nonna non si filmava mentre faceva il sugo. Un tempo in cui tu non eri nato e io pensavo che il mondo avrebbe continuato a migliorare. Un tempo in cui avevo più certezze di quante non ne abbia ora. Un tempo in cui, quando scrivevo, mi ricordavo di essere mancino. Un tempo in cui la notte riuscivo a dormire bene.
Ti voglio bene, fratellino. Anzi, ti lovvo.

 

L’immagine è del pittore Joel Rea. Potete vedere altri suoi lavori qui.