Perché è meglio non credere che uccidere in nome di Dio (secondo me)
Perché a chi non crede non interessa a chi chiedi i favori la sera prima di dormire.
Perché, al massimo, chi non crede prima di dormire un favore lo chiede a chi è a letto con lui. Mal di testa permettendo.
Perché per uno che non crede, ammazzare uno che non crede al suo stesso Dio non avrebbe senso.
Perché per uno che non crede, la domenica è un buon giorno per fare festa, esattamente come il lunedì, martedì, mercoledì, giovedì, venerdì e sabato.
Perché uno che non crede il Paradiso lo cerca prima di morire.
Perché uno che non crede tende a tollerare di più, anche chi crede.
Perché per uno che non crede il senso del dovere prevale sul senso di colpa.
Perché uno che non crede, il perdono lo cerca dalle persone. E magari chiede anche scusa.
Perché uno che non crede quando muore è morto.
Perché se uno che non crede ha a che fare con un “infedele”, al massimo divorzia.
Perché uno che non crede sa che trovare 70 vergini è proprio impossibile.
Perché uno che non crede, a meno che non sia celiaco, può mangiare quello che vuole.
Perché uno che non crede cerca di godere…ma se anche un altro gode, non è poi questo gran problema.
Perché per uno che non crede, se un altro sceglie di morire, è perché ha fatto la sua scelta.
Perché uno che non crede, ad un concerto non ci andrebbe mai con un kalashnikov. Semmai scavalcherebbe.
Perché per uno che non crede, Dio, Allah e Buddha sono personaggi di libri.
Perché per uno che non crede, quello che dice un libro l’ha detto l’autore del libro. E basta.
Perché per uno che non crede, nessun Dio fa lo scrittore.
L’immagine fa parte della campagna “Unhate”, realizzata nel 2011 da Fabrica per Benetton Group