La Maestà di Duccio è stata “arte contemporanea”
Come si fa a difendere la tradizione? Me lo domando da tanto tempo e spesso i social servono più a smontare che a costruire dei nuovi convincimenti in merito.
Punto uno: cosa è la tradizione? Fino a che era viva la mia nonna Marina era “tradizione” mangiare il pollo in galantina la sera di Natale. Fino a che non morì un cavallo tra i tavolini apparecchiati in Piazza era “tradizione” guardare le prove di notte senza che nessuno facesse pulito. Fino a che c’erano le Torri Gemelle era tradizione scattarsi una bella foto dall’ultimo piano della Torre Nord. Fino a che c’era il Monte bello solido e rigoglioso era “tradizione” andare a fare la questua per qualsiasi bella idea. Non confondiamo la tradizione con le abitudini che ci fanno comodo.
Punto due: cosa è consono con una città medievale? E qui si apre un mondo. Perché se si ragiona per estetica, allora si va di opinione ma se si ragiona per coerenza e si vuole proprio essere ortodossi, allora bisogna togliere tutto ciò che con il medioevo proprio non c’entra niente: il sushi, il kebab (magari qualche cavaliere templare durante le Crociate l’ha mangiato, chissà), la ZTL, le telecamere (e chi glielo spiega agli amici della Lega), le scale mobili, la stazione, la tangenziale, i bancomat, i tornelli allo stadio, lo stadio, la Robur 1904, il cinema in Fortezza, la Fortezza (che ci ricorda che se ne buscava come noci), la Divina Bellezza, i distributori di panforte dentro al Duomo, la Camera di Commercio (ahhh, che soddisfazione), la cablatura e il Chiosco di Milkone, perché il lampredotto è fiorentino e qui a Sienona si mangia la trippa al sugo, per tradizione!
Punto tre: chi deve difendere la tradizione? Anche qui l’affare si ingrossa. La risposta è ardua: Quelli di Monteaperti? Quelli di Chiusi? Quelli delle Lastre? Quelli del Giuggiolo? Quelli con l’I726? Quelli con l’Isee? Quelli dell’Isis? Quelli dell’Isola d’Arbia? Il mio pensiero, per quel poco che può valere, è che la tradizione, ammesso che si riesca a capire cos’è, la debba difendere chi ama la tradizione più di se stesso. E intendo tutta la tradizione, non solo quella che risponde ai suoi colori e soprattutto ai suoi tornaconti.
Punto quattro: come si difende la tradizione dai difensori della tradizione? Questa è facile; ci vuole veramente poco: basta capire la sottile differenza tra chi parla davvero in favore della tradizione e chi latra.
Punto cinque: la grandezza di un’epoca sta nel difendere il passato ma cercare di creare un futuro. Mi immagino che anche Duccio, Simone e i Lorenzetti, abbiano dovuto sorbirsi le infamate da parte di chi giudicava la loro arte contemporanea, uno scempio dello status quo. Beati loro che non dovevano rispondere su facebook, sennò sai che madonne!
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