La generazione degli equilibristi
Ci sono due motivi per i quali questo post è ridicolo: il primo è perché parla dei giovani in prima persona pur essendo scritto da uno che ha più di quarant’anni; il secondo è perché in Italia uno che ha più di quarant’anni viene trattato come se fosse un “giovane”.
La mia generazione, e tutte quelle dopo, sono generazioni di trapezisti, costretti a camminare su un filo che oscilla tra i mille euro al mese e il niente.
Ma anche tra gli equilibristi ci sono due categorie: quelli che hanno una rete sotto e quelli che non ce l’hanno. La rete sotto sono i genitori che, arrivati a quarant’anni non tutti hanno ancora o, se ce li hanno, non è detto che abbiano la possibilità di fare da rete. Magari sono lì sotto anche loro con la loro fune a stare in equilibrio tra i mille euro e il niente.
Poi c’è una terza categoria: quelli che pur avendo una rete, a un certo punto, per orgoglio o dignità, chiamatela come volete, gli chiedono di farsi da parte perché la camminata tra le Torri Gemelle come il protagonista di “The Walk” la vogliono fare da soli dal momento che alla loro età Cristo era già morto e risorto da sette anni.
Ci sono quelli che ce la fanno e sono dei grandi. Poi ci sono quelli che inciampano e cascano di sotto. A me è capitato, la rete non c’era e mi sono rotto tutto. Per fortuna sono figlio di un medico che mi ha visto steso in terra e, vuoi per il giuramento di Ippocrate, vuoi perché se vedi un figliolo spiaccicato in terra, ti viene naturale andarlo a raccattare. Grazie a lui mi sono rialzato in piedi.
Sono fortunato e non tutti hanno la stessa buona sorte.
Però mi viene da domandarmi: è vero che fare l’equilibrista è pericoloso e bisogna farsene una ragione; è vero che se sotto c’hai il vuoto, devi imparare a camminare con prudenza e non devi saltellare perché ti sembra ganzo; è vero anche che sono finiti i tempi della mangiatoia bassa ma almeno lo Stato che gestisce il circo degli equilibristi potrebbe evitare di far tremare la corda sotto i nostri piedi in continuazione.
Non solo: chi ha un ruolo di responsabilità istituzionale (che sò, un Ministero da gestire) e ci guarda seduto sotto la corda, potrebbe (per cortesia) evitare di prenderci in giro chiamandoci “fannulloni”, “bamboccioni”, “choosy” o “gente che è meglio levarsi dai piedi”?
Ecco, questo secondo me è bullismo. Per piacere, smettetela. Avete sinceramente rotto i coglioni.
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