Apologia della Cattiveria
Dai, non fate finta di niente: tutti noi abbiamo avuto un compagno di classe cattivo. Il mio era cattivissimo. Aveva sei anni. Mi ricordo che si chiamava Emiliano ed è dal 1981 che non so che fine abbia fatto.
Non mi ricordo se l’etichetta gliela avesse appiccicata addosso la Maestra o qualche bidello. Emiliano, per tutta la scuola, era “il bambino birbo”.
Io ci avevo fatto amicizia e quando mia madre veniva a prendermi, lui saliva in macchina con noi. Lei mi diceva: “Guarda che non è mica cattivo Emiliano…”
In effetti all’epoca per me i cattivi erano i nemici di Goldrake e non mi sembrava che Emiliano avesse intenzione di distruggere il mondo. Per ora aveva distrutto solo la seggetta di un water della scuola e scritto col pennarello sulla porta.
Alla fine dell’anno Emiliano passò, ma cambiò scuola. A guardarla ora, credo che avesse tutte le ragioni per farlo. Non l’ho più rivisto. Non l’ho mai neppure incontrato ad una festa di compleanno o, crescendo, in qualche discoteca qui intorno. Ho anche provato a cercarlo su Facebook ma niente. Forse ha cambiato identità e connotati come Remo Williams. Il Supercattivo della Saffi è scomparso nel nulla come un vero villain dei fumetti. Come Ming alla fine di Flash Gordon.
Ho sempre avuto una passione innata per gli outsider, per i cattivi etichettati come tali ed ho sempre avuto paura dei sorrisi smaglianti e dei voltafaccia. Per questo credo che il personaggio più bello di Harry Potter sia il meraviglioso Professor Snape (Severus Piton per chi ama le traduzioni maccheroniche).
La cattiveria, quella del mondo reale e non quella dei fumetti e della letteratura, è sempre la conseguenza di qualcosa. La cattiveria, così come la bontà non esistono di per sé. Chissà se Severus avesse potuto sposare la mamma di Harry e non fosse rimasto vedovo di un amore mai corrisposto. Magari non sarebbe stato così astioso nei confronti della vita.
Chissà se i bambini delle favelas avessero potuto giocare coi playmobil invece che con le pistole che sparano davvero.
Chissà se affacciandosi da una finestra di Scampia si potesse vedere una strada pulita.
Chissà se un viaggio in gommone non fosse preceduto da angoscia e morte.
Chissà se da piccolo quell’assassino fosse stato trattato come un bambino.
Chissà. Forse tante “persone birbe” sarebbero meno incattivite.
E io spero che Emiliano abbia avuto una vita felice, senza portarsi dietro quell’etichetta.
Perché se pensano che tu sia una mela marcia, probabilmente lo penseranno per sempre.
“Always.”
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