Avanti un altro
Vi svelo il finale: non ci rimanete male, i ragazzi che vedete nella foto sono tutti morti.
Alcuni anni fa, insieme a un gruppo di amici che in quel momento rivestiva il ruolo di Commissione Cultura della mia Contrada, pensammo di raccogliere in un libro molte foto dell’ultimo secolo, andando a scovarle nei cassetti dei nostri contradaioli. Una delle più belle per me è quella che vedete. Non perché sia tecnicamente perfetta dal punto di vista fotografico e quella ricolorazione fatta col pennarello giallo la rende quasi ridicola; ma perché in quei volti ci ho rivisto i ragazzi che anche oggi si vestono in comparsa e mi ha ricordato quel passaggio de “L’attimo fuggente” in cui il mitico Professore interpretato da Robin Williams fa capire ai ragazzi che tutti noi, alla fine, siamo cibo per i vermi.
Tra quei volti ne ho riconosciuti tre: il primo a sinistra è Piero Petreni, vecchio e autorevole alfiere di Piazza. All’epoca della foto Piero lavorava come ragazzo di bottega dal mio bisnonno Ettore (lui era dell’Onda) e fu quello che andò a fare la spia al suo datore di lavoro perché aveva scoperto che il più piccolo dei suoi quattro figli (mio Nonno Nanni), da tre mesi preferiva andare a giocare a pallone piuttosto che frequentare la quarta elementare. Ettore, che era da poco rimasto vedovo, vide bene di chiudere in camera Nanni, che da poco era rimasto orfano, e tenercelo per tre mesi. All’epoca non esisteva Telefono Azzurro, evidentemente. Piero “lo spione” divenne come era logico, il nemico numero uno di Nanni. Poi nel mezzo ci fu la vita e mi immagino che trovarono il modo di diventare grandi amici perché la sera del 16 agosto 1988, a vittoria di Palio, li vidi abbracciarsi e piangere come bambini in mezzo a Costalarga. Il mio Nonno, anche se ancora giovane, era già praticamente impossibilitato a camminare a causa di una malattia ma trovò ugualmente le forze per arrivare in Contrada prima che arrivassimo noi con il Paio vinto. Se ne andarono via nel giro di pochi anni tutti e due e chissà se Nanni avrà trovato il modo di fargli pagare quella infame spiata.
Quello a sinistra del Duce è Vasco, il maggiore dei fratelli del mi’ Nonno. Faceva il pittore e restaurava i dipinti della Scuola Senese alla Pinacoteca, di lui è impressionante la somiglianza con suo figlio Sandro. Il penultimo a destra è invece Carlo, l’altro fratello del mio Nonno (manca Mario, sordo, che fece l’economo per molti anni). Carlo fu barbaresco e tamburino di Piazza. Gli altri non li riconosco, forse alcuni di loro non erano neppure dell’Aquila. Ma la cosa più bella di questa foto è che la vita è uno tsunami che ti travolge e ti spazza via, anche se sei grande e grosso da poterti vestire da Duce.
Eppure in nessuno dei loro occhi c’è il minimo riferimento alla morte. Probabilmente si stavano domandando chi avrebbe vinto il Palio; e basta.
Anche noi passeremo come un’ondata e forse qualcuno colorerà la nostra foto col pennarello senza sapere come ci chiamavamo. Ma forse qualcuno si ricorderà di noi e se avremo fatto qualcosa di meschino come fare la spia che è costata ad un amico tre mesi d clausura, ci sarà perdonato. Chissà se toccherà anche a noi abbracciare un vecchio coetaneo in Costalarga prima che qualcuno ci dica: “Avanti un altro”. Chissà se ce lo saremo meritati. Chissà se saremo volti riconosciuti oppure invisibili. Dipende da noi.
La foto risale al 1928 e fa parte delle foto raccolte per la pubblicazione “Un secolo di Aquila” realizzata nel 2012 dalla Nobile Contrada dell’Aquila.
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